Tuesday, April 8, 2008

Da Ismail Kadare

Un libro di messaggi di speranza e di pace per Tchamëria

Sono rimasto impressionato dal libro di racconti brevi "Profumo di Tchamëria", dello scrittore Shefki Hysa, promosso in uno dei programmi della Televisione Nazionale. Seguo con interesse ogni pubblicazione su Tchamëria, ogni volta che viene ricordata ricordata questa terra. Questo non è per incoraggiare qualche conflitto nei Balcani, come qualcuno potrebbe pensare, ma a calmare qualsiasi inquieta coscienza. In questo senso, ho detto che sono rimasto impressionato dalla raccolta di racconti "Profumo di Tchamëria" di questo autore di origini Tcham. Ero interessato a leggere questo libro ed ero ansioso a procedere attentamente attraverso le sue pagine e venire al messaggio di speranza e di pace che si trasmette al lettore.

In breve, vorrei dire che questo libro è necessario, imperativo, morale come ogni pubblicazione di questa natura. Ci sono molte ragioni che i Tchams non dimenticano la loro terra e questo non solo è loro diritto, ma anche il diritto di tutti gli albanesi. Inoltre, si tratta di un dovere morale, perché non potrà mai essere dimenticata la ferita, la sofferenze di migliaia e migliaia di persone. Non potrà mai essere dimenticato lo sfollamento, non potrà mai essere dimenticato il luogo dove sei nato, nella propria dimora. Tutte queste contribuiranno a liberarsi degli incubi, come testimonia il libro "Profumo di Tchamëria".

E ' giunto il momento per i Balcani di allontanarsi dai vecchi crimini, uno dei quali è ciò che è accaduto in Tchamëria-il dramma dei Tchams. In questo modo, i Balcani apriranno la strada verso l'emancipazione. Solo dopo questa risistemazione, i Balcani potrebbero diventare parte della famiglia dei popoli europei emancipati.

Gennaio, 2004

Tradotto da Denis Gila

Saturday, April 5, 2008

Ismail Kadare

Libro dei messaggi di speranza e di pace per Tchamëria

Mi ha impressionato il libro di racconti brevi "Arome Tchamërie", del scrittore Shefki Hysa, promosso in uno dei programmi del canale televisivo nazionale. Seguo con interesse ogni pubblicazione su Tchamëria, ogni volta che lei è ricordata. Questo non per incoraggiare qualche attaccabrighe nei Balcani, come qualcuno potrebbe pensare, ma per calmare un inquieta coscienza. Questo è il motivo per il quale ho detto che mi a impressionato il libro di brevi racconti "Arome Tchamërie" di questo autore di origine Tcham. Mi sono interessato a leggere ed sfogliare con molta attenzione e tanta curiosita questo libro per gli messaggi di speranza e di pace che trasmette al lettore.

In poche parole direi che questo libro è necessario, indispensabile, morale come ogni pubblicazione realizzata di questa natura. Sono molte le ragioni per le quali gli Tchams non possono dimenticare Tchamëria, questo non é solo un loro diritto, ma il diritto di tutti gli albanesi. Inoltre, si tratta di un compito morale, perché non potrà mai essere dimenticata una piaga, sofferta da migliaia e migliaia di persone. Non potrà mai essere dimenticato un espatrio, non potrà mai essere dimenticato il luogo di nascita, dove si trova la tua casa. Per tutto questo non si puo che testimoniare per liberarsi dagli incubi, come si testimonia nel libro "Arome Tchamërie".

E ' giunto il momento che gli Balcani si esaurino dai vecchi crimini, e uno di questi crimini è quelo che è accaduto a Tchamëria, la dramma Tchame. In questo modo, i Balcani preparerano la strada verso l'emancipazione. Solo dopo questa purificazione, i Balcani potrebbero fare parte della famiglia emancipata degli popoli europei.

Genaio, 2004

Tradotto da: Dr. Haim Reitan

Monday, March 3, 2008

Una notte come tante

- Racconti -



Il mare, come stanotte, l’ho già visto anche molte altre volte; con gli stessi riflessi tremolanti, con gli stessi specchi infranti in esso. Anche il cielo, come stanotte, l’ho visto molte altre volte; con le stelle nelle stesse posizioni, con la luna nella stessa posizione, con gli stessi splendori. Anche le ville che sorveglio in riva al mare sono sempre le stesse, è lo stesso posto, la stessa sabbia. E mentre mi muovo, mi sembra camminare sulle mie orme. Anche la canzone, che ho cominciato a cantare, l’ho riprodotta molte altre volte. Quindi tutto in questa notte e consueto per me.
Faccio lo stesso lavoro. E da mesi che sorveglio le ville in riva al mare. Sorveglio le ville che aspettano di riempirsi di turisti. Ma la solitudine di notte risveglia tanti pensieri e ricordi. Notte, solitudine, lontano dall’Albania. Lontano da mia madre, dai figli, dalla moglie, dai fratelli, dalle sorelle, dai compagni. Dovete credermi, durante la notte io parlo con loro, in una lingua che conosco solo io. A volte ricordo la mia infanzia e, soprattutto, ricordo "Il gioco delle stelle". Con un gruppo d’amici, dalla sommità della collina dei Moisi scommettevamo sulle probabili direzioni nelle quali sarebbero cadute più stelle e aspettavamo la loro caduta. Mentre stavo pensando a questo gioco, dal cielo cadde una stella e si spense lontano, molto lontano, verso l’Albania. La mia nostalgia diventò una stella. "Oh Dio!" – sussurrai. Dopo un po’ mi sembrò che una pioggia di stelle prese la stessa direzione. Chiusi per un attimo gli occhi. Oh, che visione! Vedevo me stesso e i miei amici Lassù, sulla collina dei Moisi, a Durazzo, sentivo le nostre madri che ci chiamavano… poiché era notte e dovevamo tornare a casa.
Il mio cuore palpitò… e, per uscire da questo stato, feci quello che facevo sempre. Cominciai a cantare una canzone in Albanese. Non alzai molto la voce. Sapevo che in una villa poco distante dormiva il direttore, Giuliano, e non volevo svegliarlo. Francamente non so per quanto tempo cantai, e quanto alzai la voce. So solo che era mezzanotte, e che mi fermai, quando sentii Giuliano, che mi chiedeva disperato, tutto sconvolto mentre veniva verso me:
- Perché piangi? Perché piangi? Dimmelo, perché piangi?
Smisi di cantare. Giuliano, appena mi raggiunse, mi abbracciò continuando a farmi delle domande, tentando di lenire il mio dolore. Io gli dissi che non stavo piangendo, gli dissi che stavo cantando una canzone albanese. Gli dissi che cosi cantavo quasi tutte le notti. Giuliano non ci credeva.
- Stavi piangendo, stavi piangendo – ripeteva.
Cominciai a dubitare di me stesso. "Forse avrò pianto anche le altre notti" – dissi.

Namik Mane
La stagione dei papaveri
- Racconti -

Non immaginavo che mi sarebbe successo così: il grano quasi maturo e questi papaveri… si, proprio questa valle infiammata e i capelli della mia fidanzata mi rimandarono a quei ricordi, che conservo come li ho vissuti, con animo infantile… Ignoravo pure che ci fosse una successione dei sentimenti dall’infanzia alla maturità della mia gioventù…
Oramai sono un uomo fatto, ho vicino la ragazza che presto diventerà mia moglie. La sfioro col fuoco della mia anima, scuoto i petali dei papaveri sui suoi capelli, mentre il campo sussurra le parole del grano che, maturando, spacca l’involucro …
Ai bordi del campo il grano, i papaveri e noi, stringendoci le mani, appoggiati l’uno all’altra, scambiandoci riflessioni sulla vita…
Vi è mai capitato esaurire le parole e i pensieri, e smarriti così, divagare tra giorni passati e quelli a venire? A noi successe proprio questo. Restammo in silenzio. Come se volessimo conservare quello stato d’animo pieno di felicità…
Quando, tra tante fanciulle, scelsi la mia fidanzata, pensavo forse al passato? Pensavo forse a quella graziosa bricconcella della scuola? Toh! Che strano paragone… I capelli corvini, gli occhi grigi, le fossette sulle guance, e per giunta lo stesso sorriso! La voce, la stessa voce e quei puntini sul viso come pulviscolo d’oro!
Il nuovo anno scolastico era appena cominciato, quando lei venne nella nostra classe. La maestra la mise a sedere nel mio banco. Portava un vestito giallo e sembrava uscita da una favola. Tutti si girarono verso di lei ed io arrossii. Mi ricordo bene, non spiccicai parola quel giorno, ma presto diventammo amici…
Lei era una ragazza educata e se la cavava egregiamente nelle materie scolastiche. Presto la sua foto comparve nello stand dei migliori studenti … Quando raramente capitava di mancare, non so per quale motivo esitavo a chiedere di lei agli altri compagni di classe, seppure il mio desiderio era quello di conoscere tutto di lei. Me ne stavo da solo nel banco e non volevo che nessuno prendesse il suo posto. Aspettavo che tornasse da un momento all’altro…
L’immaginazione prendeva il volo. La vedevo a letto malata, con sua madre che vegliava su di lei con il bel foulard al collo, come corona di fiori. Così l’ora della lezione passava senza che ci capissi niente. A volte mi riportava alla realtà la voce del maestro, seguita dalle risate dei compagni, ma loro non immaginavano dove mi ero perso. Avevo tredici anni allora…
Leggevo molti libri e spesso gli commentavo con lei… Un giorno infilai uno tra i testi scolastici e nel momento opportuno, lo tirai fuori mostrandoglielo. E’ passato molto tempo, ma le sue parole le ricordo bene:
- Se tu sapesti quanto è bello questo… – dissi a mezza voce, senza concludere il pensiero.
Lei lo scrutò attentamente… Era un "libro giallo", proibito all’epoca.
- Mio padre mi proibisce di leggere certi libri – parlò piano.
- E perché? – gli chiesi.
- Non sono adatti alla nostra età – mi rispose.
Le sue parole sincere mi fecero sentire adulto.
Lei drizzò la testa e continuo ad ascoltare il maestro. La vedovo di profilo. Di fianco c’era la finestra. Fuori, da giorni, splendeva la primavera. Osservavo il suo profilo immerso nel limpido cielo azzurro. Lei, avvertendo il mio sguardo, mi disse:
- Presta attenzione al maestro Ismet, io non ti spiego niente!
Sorrisi, ero sicuro che mi avrebbe spiegato tutto…
Ricordo che quel giorno scarabocchiai anch’io qualcosa. Feci il suo ritratto: "I capelli neri gli arrivano sulle spalle, ha degli occhi grigi, pensierosi, quando parla sembra di sentire il frusciare delle pagine dei libri…"
Giunse la fine dell’anno scolastico. La nostra classe fece l’ultima gita, scendemmo una collinetta che dava su un campo di grano maturo e di papaveri rossi. Lei si mise a correre assieme ad altri ragazzi e ragazze…
- Ismet! Ismet! – tornò chiamandomi ed agitando un mazzo di papaveri.
- Gli vuoi ? – mi disse, mentre mi avvicinavo a lei.
Vedendo i petali di papaveri mi vennero in mente i libri e dissi:
- Questi sono appassiti da tempo!
- Però li ho raccolti per te – disse con tanta tristezza.
Le altre parole si persero tra le grida festose degli altri ragazzi, tanto che mi distrai e non sentii nient’altro…
Durante l’estate non la vidi più, siccome andò a trascorrerla in un lontano villaggio di montagna…
Il nuovo anno scolastico lo accolsi con più gioia degli amici. Presi posto di nuovo nel banco vicino alla finestra e conservai il posto per lei, ma non si fece vedere… ancora prima di liberarmi dall’ansia che mi stava soffocando, vicino a me venne a sedersi Bardhyl. A stento riuscii a pronunciare con un filo di voce:
- L’ho conservato per Lili!
- Come, non lo sai? La sua famiglia s’é trasferita a Tirana – mi rispose lui.
M’impietrii. Mi sembrò che il soffitto dell’aula fosse crollato addosso e mi togliesse il respiro …
A tanto arrivano i ricordi. A tanto arrivano quegli strani sentimenti che mi ribollivano in petto… No, no, non era amore, ma un miraggio di sogno… Era una immagine delle letture…
…Ormai sono cresciuto, vicino ho la ragazza che presto diventerà mia moglie. I papaveri sono ancora più rossi… Perché m’è tornata in mente lei? E questo strano paragone? L’avevo forse cercata da sempre per trovarla finalmente nella mia fidanzata?

Namik Mane

Saturday, February 23, 2008

La vita è sacra, la libertà ancora di più

Il sempre tristemente attuale dibattito sulla violenza è in genere dominato dall’idea della sacralità e dunque indisponibilità della vita. L’emblema stesso della violenza è togliere o togliersi la vita. Sembra del tutto dimenticato il grande motto degli antichi che ammoniva a non voler salvare la vita a costo di perdere i valori che la rendono preziosa («propter vitam vivendi perdere causas»). I poveri martiri cristiani dovrebbero dunque apparirci come testardi suicidi, per non parlare di Abramo che fino all’ultimo momento credette di dover sacrificare il figlio Isacco al Signore.

Se la Rivoluzione diventa un tabù

Questi sono solo alcuni dei paradossi che la nostra usuale concezione della violenza lascia irrisolti. Perfino la violenza rivoluzionaria, così cara all’ideologia e alla retorica di tanti movimenti sociali di destra e di sinistra, è diventata tabù. Anche da sinistra si guarda con orrore alle violenze della Rivoluzione d’ottobre e la stessa Rivoluzione francese che abbiamo imparato a considerare come l’origine stessa delle libertà politiche moderne non se la passa tanto bene. Bisogna riconoscere che (anche?) in questo il pensiero di destra appare più coerente e spregiudicato. Per instaurare una democrazia non si può indire un referendum (sulla base di quale costituzione, se non c’è?), quindi non ci si deve scandalizzare se gli americani cercano di esportarla in Iraq a suon di bombe. Già, ma Gandhi? Certo non prese le armi, ma le varie forme di resistenza pacifica che inventò erano tutt’altro che pure parole di persuasione rivolte alle anime buone degli avversari...

Le scelte radicali? Sono sempre necessarie

Il problema di base, però, è se davvero si possa definire la violenza in riferimento al valore assoluto della vita. Non sarebbe violenza impedire a tutti i costi a un suicida di uccidersi? I grandi dell’antichità romana, sempre per non parlare dei martiri cristiani, avrebbero dovuto astenersi dal loro atto di libertà e sottomettersi ai tiranni che di volta in volta prendevano il potere? L’essere o non essere di Amleto sta nello stesso orizzonte: come pure qualunque decisione di resistere alla prevaricazione, al tedesco invasore o al comunista persecutore di sacerdoti... Ci sembra talvolta di vivere in un mondo dove contrasti estremi non sono più possibili e lotte radicali non più necessarie. Ma basta guardar fuori dalla finestra per capire che non è così, che la nostra delicatezza d’animo rischia di essere un privilegio che ci mette subito dalla parte dei carnefici.

Ridotti alla sopravvivenza biologica

E poi, comunque, restano i tanti paradossi, anche a causa degli sviluppi della medicina. Era lecito tenere in vita a tutti i costi un uomo sofferente e senza speranza di guarigione come Welby, che chiedeva, coscientemente e insistemente, di esser lasciato morire? Non dovremmo sostituire al preteso valore sacrale della vita quello, molto più ragionevolmente riconoscibile, della libertà? Anche chi pensa che la vita sia un dono di Dio non può ritenere di non poterne disporre secondo la propria coscienza (la quale anche per la teologia cattolica «obbliga", quand’anche fosse "sbagliata"»). Sostituire il valore della libertà a quello della pura sopravvivenza biologica è probabilmente il passo che ci aiuterebbe a risolvere molti dei problemi in cui ancora ci dibattiamo.

Gianni Vattimo

Sunday, February 17, 2008

ANA BURNAZI

Studio della Chiesa "Fjetja e Shën Mërisë"
nel Monastero di Ardenica in Albania
(L'articolo per il libro di Claudia Castello)

Nel distretto di Berat, arrocato sulle colline, sopra i villagi di Ardenica di Kolonje, si trova il Monastero di Ardenica, che racchiude nel suo recinto monastico la chiesa "Fjetja e Shën Mërisë", la Nascita di Maria, oggetto di questo studio. La ricostruzione della storia del monastero, complicate a causa della difficolta nel repiere e collazionare tutti I documenti, e statto un passo neccessario per tracciare la vita degli artistic he affrescarono le pareti della Chiesa: I fratelli Kostandin e Atanas Zografi.

Le notizie sulla vita dei due iconografi sono frammentarie, sabbene si tratti dei pittori albanesi piu importanti del XVIII secolo, fondatori della Scuola di Korca, maestri dei loro figli Terpo ed Efthim e degli allievi, i Cetiri.

Della vita dei fratelli poco si sapeva fino alla pubblicazione di questo studio, ad escluzione delle date impresses u icone o nei cartigli degli affreschi nelle chiese, e , dopo varie ricerche, si e appurato che, nonostante le contraddizioni sulla loro vita, in nessuna delle fonticonsultante si faceva riferimento ai Codici delle Metropolie albanesi. Considerato che la biblioteca di Ardenica era andata perduta in un incendio e con essa le possibilita du conoscere notizie utili sul lavoro dei due Zografii, ci e sembrato utile consultare il Codice di Korca, citta natale dei due artisti.

Al termine di questa consultazione e metterndo a paragone le date certe della vita dei due fratelli korciari si e scoperto che gli stessi provenissero da una famiglia di pittori agiografi di consolida tradizone , che I fratelli avessero molto viaggiato a che fossero venuti in contatto con realta esterne all’Albania arricchendo il loro repertorio pittorico e che avessero una bottega che li aiutava a portare a termine le numerose commisioni che ricevevano. Idea suffragata anche dall’analisi pittorica dei vari registri pittorici all’intero della Chiesa "Fjetja e Shen Merise", che denotano une differenza di stile e tecnica pittorica.

Prima di addentrarsi nella descrizione iconografica della decorazione della chiesa. E stato necessario precisare alcuni concetti base del pensiero ortodosso che guidano le mani di pittori e architetti nella construzione della chiesa e che spiegano il significato di arte "anagogica" e/o liturgica, cioe dell’arte che amplifica il senso della liturgia per coinvolge l’intelleto, il sentimento ed i sensi senza pero dar loro piacere fisico ma, attraverso loro, transformare in "spirituale" la cosa materiale.

La casa di Dio di Ardenica, cosi come tutte le chiese ortodosse, unisce la funzione architettonica al simbolo, il simbolo alla pittura.

Cosi accade per l’impostazione architettonica dal martece, simbolo del "mondo" nel suo doppio aspetto di luogo in cui regna il peccato e in cui ci si puo mondare da esso, aspirando alla Salvazza Eterna, ricordata dal Giudizio Universale sulla contro facciata della parete occidentale che serve da monitor a da conforto al fedele, che assiste al rinnovarsi della promessa di Dio nella Sua casa.

Cosi e puro simbolo della non ancora avvenuta unione fra il Regno dei "Cielli e la Terra", l’imponente e ricchissima iconostasi, che delimit ail "santuario", dietro al quale e conservato l’altare, il luogo del sacrificio di Cristo, anche questo di legno riccamente scolpito, in cui si celebra la Liturgia Divina, riportata anche in pittura, cioe l’unione della Liturgia Celeste cone quella terrestre.

Cosi la navata del tempio e il simbolo della terra, santificata dalla presebza di Cristo durante la sua vita terrene, testimone della Sua presenza nella chiesa che e protesa verso il santuario, al di la della Porta Regale, dove Cristo e entrato nel Suo Regno e dove tornera alla fine della storia dell’umanita.

La lettura simbolica si intreccia alla lettura immediate della vicenda di Cristo che istoria tutte le pareti della Chiesa, dalla Naschita di Maria al Giudizio Finale affondando a piene mani dagli episodi dei Vangeli sinottici, dell Apocalisse e delle numerose fonti apocrife in una storia ricchissima di particolari e di rimandi.

La lettura pittorica parte dai primi due "ranghi", cosi vengono chiamati I registri pittorici nell’iconologia ortodossa, con, la Teoria dei Santi: le colonne della Chiesa che sostengono le vicende della storia di Cristo la cui parabola terreste si rispechia nell’ultimo rango che descrive le stanze dell’Inno Akathistos.

L’Inno e strutturato in 24 stanza (oikoi) : construito su un telaio liturgico-storico nelle prime dodici stanze, narra gli episodi dall’Annunciazione fino alla Presentazione di Gesu al Tempio e trova una corrispodenza pittorica dei dieci panelli del secondo registro della parete meridionale.
Le altri dodici stanze dell’Inno, legate ad un percorso dogmatico-teologico, proseguono, pittoricamente, nell altra meta della parete occidentale ed in quella settentrionale, ad un escluzione dell’iltimo affresco, a ridosso della parete absidale, delicate all’episodio della Guarigione del Cieco che ideologicamente e legato all’Akathistos.

Dal punto di vista strutturale l’Inno e intriso di simbologia e richiami numerici in cui ritornano costantemente il numero 2, 6, e 12 e loro multipli, ma anche il numero tre, su ispirazioni del capitolo 21 dell’apocalisse.

La parete occidentale spezza l’andamento regolare degli affreschi delle navate laterali, dedicano all, episodio della "Transitus Mariae" un ricco quanto estesso panello centrale, al di sotto del quale ne troviamo tre di ridotte dimensioni rispetto a quello superiore, in cui sono accolte rispetticamente le immagini del Bambino dormiente e le due iscrizioni che permetono la datazione a l’attribuzione degli affreschi ai fratelli Zografi.

Il microcosmo pittorici della chiesa di "Fjetja e Shen Merise" rivela una profondita di concetti teologici e conoscenze artistiche che si legano in un connibbio inscindibile come, as esempio, accade nel panello della Divina Liturgia anche ed attraverso l’uso del colore, dei tratti pittorici, degli oggetti liturgici, delle vesti sacerdotali.

La perizia e la cultura degli Zografi sono riscontrabili nello svolgeri del programma iconografico della chiesa tutta, nell’inevitabile svilupparsi di tratti locali sopratutto nella descrizione dei costume albanesi o di qualche "vezzo" iconografico ed anche nel giusto omaggio offerto al gruppo dei Santi Slavi fra cui spicca il santo Albanese San Joannes Papadopulos Koukouzeli, conosciuto anche come la "seconda sorgente della musica greca".

"Krahu i shqiponjës", nr. 77, aprile 2007, Tiranë

CLAUDIA CASTELLO


Saturday, February 16, 2008

Da: ANA BURNAZI

Claudia Castello "Studio delle Chiese in Albania"

Biografia dell’autore.

Claudia Castello nata a Palermo, 01/09/1972; ha seguito tutto il corso degli studi a Palermo fino al conseguimento della laurea in Storia dell’Arte presso l’Universita di Palermo Facolta di Lettere e Filosofia Corso DAMS nell’anno 2005, conseguendo il massimo della onorificenza che le universita italiane conferiscono agli studenti, infatti la votazione per la laurea e’stata di 110 e lode e due menzioni.( menzione al corso di laurea e menzione alla tesi). Prima di conseguire la laurea, ha lavorato per sette anni, nel campo dell’arte, nel campo del restauro e dell’antiquariato, per queste attivita’ ha istituito una bottega d’arte similare alle bottege d’arte che fiorirono nelle capitali dell’arte in Europa tra il 1500 ed il 1700 ed anche succissivamente.

Attualmente vive e lavora a Milano, dove ha seguito con successo due master e precisamente: Il primo master di specializzazione in " Uffici Stampa e Media Relations" organizzato dal SOLE 24 ORE. Il secondo organizzato dalla Fondazione Fiera Milano, Accademia di Management Fieristico per la specializzazione in " Progettista di allestimenti fieristici ed eventi".

L’autrice, dopo avere visitato causalmente in Albania, alcune chiese ortodosse abbandonate, ha pensato di rivolgere la sua tesi attenzione a questo esclusivo ed irripetibile patrimonio artistico e culturare per preparare la propria tesi al diploma di laurea a completamento del suo corso di studi, facendo si che, queste ricerche scientifiche e questi studi, suscitassero l’attenzione di altri ricercatori, studiosi e forse anche dell’UNESCO che potrebbe salvaguardare il patrimonio artistico e bizantino del paese.

L’autrice, dopo avere ottenuto l’approvazione del Senato Accademico dell’Universita di Palermo, interessato a questa ricerca priva di palermo, interessato a questa ricerca priva di qualsiasi precedente studio scientifico, ha iniziato le sue ricerche e studi nella terra d’Albania.

L’oggetto che ha riguardato la sua tesi di laurea e’ stata la ricerca di documentazione e lo studio pittorico iconografico murale di Ardenica (Fier).

Lo studio e’ durato circa tre anni, dall’estate del 2002 fino all’inverno del 2005.

Da questi studi sono emersi particolari interessanti per la biografia dei fratelli Zografi con nuove scoperte sulla loro vita mai rilevata da precedenti studi..

Dall’attento esame pittorico e dei documenti faticosamente reperiti,sono emersi particolari interessanti per la biografia dei fratelli Zografi, potrebbe eddere terreno di nuovi studi per ricercatori del settore.

Da tutto questo studio e scaturito una pubblicazione che l’autrice ha redatto in lingua italiana ma che sara’ pubblicato in albanese ed in altre lingue, fra le quali il greco, su richiesta dell’Episcopia Ortodossa.

Contemporaneamente a questo studio approfondito, ha eseguito in collaborazione con un’ altra studiosa italiana lo studio della Chiesa del villagio di Mbshqteme (Lushnje) nella pianura di Muzeqe, facendo tutti i rilievi architettoni e pittorici, cosi come accaduto per il Monastero di Ardenica.

Thursday, February 14, 2008

BILAL XHAFERRI

Bilal Xhaferri (1935-1986), scrittore albanese (poeta, narratore e famoso pubblicista albanese, dissidente) nato a Ninat, Konispol, regione della Çameria, muore negli Stati Uniti d’America, a Chicago

Storia

Le date principali della vita e dell’attivita’ di Bilal Xhaferri.

In Albania

Bilal xhaferri nasce il 2 novembre del 1935, nasce nel villaggio di Ninat, Konispol, nella regione di Çameria. Nel 1943, muore sua madre. Dopo due anni, nel 1945, viene fucilato il padre, nazionalista anticomunista. Nel 1948, si allontana dalla città natale. Nel 1948-1952 vive e lavora a Saranda, come bracciante, postino, ecc. 1954-1955 segue la scuola settennale serale al villaggio Sukth, Durrazzo. Nel 1962-1963 pubblica le prime poesie ed i primi racconti nelle gazzette "Zëri i Rinisë"(La Voce della Gioventù), "Drita" (La Luce), e nelle riviste "Nëntori"(Novembre), Ylli"(La Stella),ecc.

Nel 1966 Xhaferri pubblica il volume di racconti "Njerëz të rinj, tokë e lashtë" (Gente nuova, terre antiche), il quale riscuote un successo enorme.

Nel 1967 pubblica il volume di poesie "Lirishta e kuqe"(Prati rossi), il quale viene censurato dal comunismo.

Nello stesso anno scrive il romanzo "Krastakraus", il quale viene pubblicato nel 1993, postumo.
L’anno successivo 1968 scrive lo scenario per un film artistico "Era shtyn mjegullat".(Il vento disperde la nebbia).

Nello stesso anno, 1968 gli viene tolto il diritto di pubblicazione, si vietano le opere pubblicate dalla censura comunista, viene deportato, al villaggio Hamalle, Durrazzo, dopo essere stato espulso dalla Lidhja e Shkrimtarëve dhe Artistëve të Shqipërisë (Lega degli Scrittori e degli Artisti dell’Albania), con il pretesto della critica che fece al romanzo "Dasma" (Il banchetto nunziale) di Ismail Kadare.

Stati Uniti d’America

1969, 30 agosto, esiglia, in segreto, dall’Albania in Grecia e dopo negli Stati Uniti d’America, perché i servizi segreti avevano preparato la pratica per il suo arresto e l’imprigionamento.
Nel 1970, parte per gli Stati Uniti d’America, a Boston.
In quegl’anni, 1970-1972, lavora nella gazzetta "Dielli" (Il Sole) a Boston, negli USA. Nel 1972 invia per la pubblicazione alla casa editrice "Rilindja" (la Rinascita), a Prishtina, il romanzo "Ra Berati".(Berat è caduto)

Due anni dopo, nel 1974, in ottobre, a Chicago, negli USA fonda la rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’ Aquila) in albanese e inglese, pubblicazione della Lega Çame.
Dal 1974 al 1986 dirige, pubblica e redige la rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila, dove ha pubblicato molti articoli pubblicistici, poesie, racconti, numeri comici, disegni, caricature, foto artistiche ecc.

Questa rivista era la tribuna del libero pensiero in cui si trattavano, di continuo, temi e problematiche sulla questione di Çameria, questione nazionale albanese, temi riguardanti la dittatura in Albania e dopo il 1981, piu’ intensamente, tematich, riguardanti il Kosovo.
Nelle pagine della rivista, Bilali pubblicava, oltre alla sua produzione, anche produzioni letterarie e traduzioni di altri autori, albanesi e stranieri.

Riuscì a pubblicare 39 numeri di questa rivista, in due lingue, albanese e inglese, fino alla sua morte che avviene in circostanze sconosciute nell’ottobre del 1986

Nel 1975 pubblica frammenti del romanzo "Trotuare të kundërta" (Marciapiedi controversi) nella rivista "Krahu i shqiponjës".(L’Ala dell’Aquila).

Nel 1977 pubblica frammenti del romanzo "Hëna e kantjereve" (La luna dei cantieri) nella rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila).

L’anno successivo, nel 1978 viene ferito da persone sconosciute.

Nel 1981 si incendia la sede della redazione della rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila) dove si trovavano i manoscritti delle opere lettterarie, studi, ricerche scientifiche, traduzioni, appunti di politica, lettere, pitture, fotografie, ecc

Nel 1986 si ammala e si opera di tumore.

Nello stesso anno, il 14 ottobre muore in ospedale a Chicago in circostanze sconosciute.

Il 3 maggio 1995, il Presidente della Repubblica dell’Albania lo insigna con la medaglia "Martir i Demokracisë" (Martire della Democrazia) (Decreto del Presidente nr. 1089) con motivazione "Per la dedizione, come pubblicista e politico dissidente, alla lotta contro il comunismo e la dittatura, per le sue aspirazione profondamente nazionali e democratiche ".

Il 6 maggio 1995, lo scrittore Shefki Hysa, Direttore dell’Associazione Culturale "Bilal Xhaferri", in collaborazione con il Governo albanese, ha iniziato e organizzato il cerimoniale per il ritorno in Patria delle spoglie del poeta che ora riposano nel paese natale, a Saranda.

Titoli delle Opere

"Njerëz të rinj, tokë e lashtë" (Gente nuova, terre antiche) - racconti (1966)
"Lirishta e kuqe" (Prati rossi) - poesie (1967) [1]
"Dashuri e përgjakur" (Amore insanguinato) - romanza (1992)
"Krastakraus" - romanzo (1967), (pubblicazione postuma) 1993) [1],
"Eja trishtim" (Mi domini la tristezza) - poesie (1995)
"Ra Berati" (Berat é caduta) - romanzo, pubblicazione - Prishtina 1995 ISBN 99943-904-5-7
"Përtej largësive" (Oltre le lontananze) – narrazione e pubblicistica (1996}

Denis Gila
KRAHU I SHQIPONJÊS

L’Ala dell’Aquila È una rivista albanese che mira a promuovere la vita sociale e artistico-letteraria albanese, al servizio di un alto obiettivo nazionale e con l’intenzione di difendere gruppi discriminati della società balcanica. Il suo leader spirituale era e rimane Bilal Xhaferri.

Storia

L’Ala dell’Aquila è una rivista politica, culturale, letteraria e sociale, pubblicata per la prima volta nell’ottobre del 1974, in due lingue, albanese e inglese, come organo della Lega Çame, a Chicago, Stati Uniti d’America (USA). Il fondatore, l’editore e il direttore era Bilal Xhaferri, poeta, narratore e publicista famoso, dissidente, nato il 2 novembre 1935 a Ninat di Konispol, nella regione di Çamëria e, dopo una grande attività letterario-pubblicistica, muore in esilio (fuggito dall’Albania nel 1969 come nazionalista anticomunista, perseguitato dai servizi segreti dello Stato (Sigurimi i Shtetit)) il 14 ottobre 1986 a Chicago, USA.

"L’Ala dell’Aquila" era una tribuna del pensiero libero democratico, con aspirazioni profondamente anticomuniste, antidittatoriali e antienveriste, con l’intenzione di l’unione tutte le forze politiche albanesi in esilio, l’unificazione del pensiero, dei programmi e dei loro obiettivi per un’Albania Libera pro-occidentale.

La rivista trattava ampiamente di problemi nazionali albanesi ed in particolare la controvversa questione della Çameria, la questione del Kosovo, di altri territori rimasti fuori dai confini dell’Albania ed anche altre questioni della comunità albanesi nel mondo e della Diaspora

Bilal Xhaferri riesce a pubblicare 39 numeri.

Dall’agosto dell’anno 1995 in avanti, "l’Ala dell’Aquila" si pubblica a Tirana, come organo dell’Associazione Culturale "Bilal Xhaferri" (Comunità culturale della Çameria fondata e diretta dal noto giornalista e scrittore Shefki Hysa, il quale diede inizio al rientro in Albania delle spoglia di Bilal Xhaferrit, come anche l’inalzamento dei valori straordinari di questa esemplare figura maltrattata e censurata dalla dittatura comunista albanese.

Nelle pagine della rivista "l’Ala dell’Aquila", tra gli scritti e le interviste dei politici albanesi e stranieri che difendono la questione albanese, soprattutto quello çam, sono frequentemente pubblicati anche articoli e creatività scelta da personalità delle lettere albanesi e di quelle mondiali come: Alfred de Musset, Bilal Xhaferri, Christina Rossetti, Dritëro Agolli, Edgar Allan Poe, Ismail Kadare, Martin Mato, Miranda Vickers, Namik Mane, Pjetër Arbnori, Shefki Hysa, Vath Koreshi, Jack London, Jean-Paul Sartre, ecc.

Shefki Hysa, nella qualità dell’Editore e di Caporedattore di questa rivista, con i suoi contributi e dei suoi amici, è riuscito a pubblicare più di 80 numeri e continua con perseveranza a tenere alto il piedestallo di questo pensiero nella scia degli ideali di Bilal Xhaferrit.

Denis Gila

BILAL XHAFERRI

Bilal Xhaferri (1935-1986), scrittore albanese (poeta, narratore e famoso pubblicista albanese, dissidente) nato a Ninat, Konispol, regione della Çameria, muore negli Stati Uniti d’America, a Chicago

Cronologia

Le date principali della vita e dell’attivita’ di Bilal Xhaferri.

1935, 2 novembre, nasce nel villaggio di Ninat, Konispol, nella regione di Çameria.

1943, muore sua madre.

1945, viene fucilato il padre, nazionalista anticomunista.

1948, si allontana dalla città natale.

1948-1952 vive e lavora a Saranda, come bracciante, postino, ecc.

1954-1955 segue la scuola settennale serale al villaggio Sukth, Durrazzo

1962-1963 pubblica le prime poesie ed i primi racconti nelle gazzette "Zëri i Rinisë"(La Voce della Gioventù), "Drita" (La Luce), e nelle riviste "Nëntori"(Novembre), Ylli"(La Stella),ecc.

1966 pubblica il volume di racconti "Njerëz të rinj, tokë e lashtë" (Gente nuova, terre antiche), il quale riscuote un successo enorme.

1967 pubblica il volume di poesie "Lirishta e kuqe"(Prati rossi), il quale viene censurato dal comunismo.

1967 scrive il romanzo "Krastakraus", il quale viene pubblicato nel 1993,postumo.

1968 scrive lo scenario per un film artistico "Era shtyn mjegullat".(Il vento disperde la nebbia).

1968 Gli viene tolto il diritto di pubblicazione, si vietano le opere pubblicate dalla censura comunista, viene deportato, al villaggio Hamalle, Durrazzo, dopo essere stato espulso dalla Lidhja e Shkrimtarëve dhe Artistëve të Shqipërisë (Lega degli Scrittori e degli Artisti dell’Albania), con il pretesto della critica che fece al romanzo "Dasma" (Il banchetto nunziale) di Ismail Kadare.

1969, 30 agosto, esiglia, in segreto, dall’Albania in Grecia e dopo negli Stati Uniti d’America, perché i servizi segreti avevano preparato la pratica per il suo arresto e l’imprigionamento.

1970, parte per gli Stati Uniti d’America, a Boston.

1970-1972 lavora nella gazzetta "Dielli" (Il Sole) a Boston, negli USA.

1972 invia per la pubblicazione alla casa editrice "Rilindja" (la Rinascita), a Prishtina, il romanzo "Ra Berati".(Berat è caduto)

1974, in ottobre, a Chicago, negli USA fonda la rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’ Aquila) in albanese e inglese, pubblicazione della Lega Çame.

1974-1986 dirige, pubblica e redige la rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila, dove ha pubblicato molti articoli pubblicistici, poesie, racconti, numeri comici, disegni, caricature, foto artistiche ecc.

Questa rivista era la tribuna del libero pensiero in cui si trattavano, di continuo, temi e problematiche sulla questione di Çameria, questione nazionale albanese, temi riguardanti la dittatura in Albania e dopo il 1981, piu’ intensamente, tematich, riguardanti il Kosovo.
Nelle pagine della rivista, Bilali pubblicava, oltre alla sua produzione, anche produzioni letterarie e traduzioni di altri autori, albanesi e stranieri.

Riuscì a pubblicare 39 numeri di questa rivista, in due lingue, albanese e inglese, fino alla sua morte che avviene in circostanze sconosciute nell’ottobre del 1986

1975 pubblica frammenti del romanzo "Trotuare të kundërta" (Marciapiedi controversi) nella rivista "Krahu i shqiponjës".(L’Ala dell’Aquila).

1977 pubblica frammenti del romanzo "Hëna e kantjereve" (La luna dei cantieri) nella rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila).

1978 viene ferito da persone sconosciute.

1981 si incendia la sede della redazione della rivista "Krahu i shqiponjës" (L’Ala dell’Aquila) dove si trovavano i manoscritti delle opere lettterarie, studi, ricerche scientifiche, traduzioni, appunti di politica, lettere, pitture, fotografie, ecc

1986 si ammala e si opera di tumore.

1986, 14 ottobre muore in ospedale a Chicago in circostanze sconosciute.

1995, 3 maggio, il Presidente della Repubblica dell’Albania lo insigna con la medaglia "Martir i Demokracisë" (Martire della Democrazia) (Decreto del Presidente nr. 1089) con motivazione "Per la dedizione, come pubblicista e politico dissidente, alla lotta contro il comunismo e la dittatura, per le sue aspirazione profondamente nazionali e democratiche ".

1995, 6 maggio, lo scrittore Shefki Hysa, Direttore dell’Associazione Culturale "Bilal Xhaferri", in collaborazione con il Governo albanese, ha iniziato e organizzato il cerimoniale per il ritorno in Patria delle spoglie del poeta che ora riposano nel paese natale, a Saranda.

Titoli delle Opere

"Njerëz të rinj, tokë e lashtë" (Gente nuova, terre antiche) - racconti (1966)
"Lirishta e kuqe" (Prati rossi) - poesie (1967) [1]
"Dashuri e përgjakur" (Amore insanguinato) - romanza (1992)
"Krastakraus" - romanzo (1967), (pubblicazione postuma) 1993) [1],
"Eja trishtim" (Mi domini la tristezza) - poesie (1995)
"Ra Berati" (Berat é caduta) - romanzo, pubblicazione - Prishtina 1995 ISBN 99943-904-5-7
"Përtej largësive" (Oltre le lontananze) – narrazione e pubblicistica (1996)

Denis Gila